Ci manca il tempo.
Il tempo…difficile da definire, così, su due piedi, come l’amore.
Per trovare una definizione data da qualcuno più sveglio di quanto io possa esserlo col cervello bollito da una giornata di lavoro ho controllato in internet, e, secondo la prima definizione che ho trovato il tempo è la successione illimitata di istanti in cui si svolgono gli eventi e le variazioni delle cose, distinta e misurata in periodi.
Se la nostra vita fosse un contenitore, è di tempo che si riempirebbe, e allora, perché questa sensazione soffocante di mancanza di tempo?
Per due cose, a mio avviso: la prima non conta quanto tempo, ma per come è vissuto, per la qualità di quello che misura, se la vita la riempiamo di cose di merda, di persone di merda, alla fine non è che possiamo sentirci puliti e profumati, e con una rassettata alla piega dei calzoni affrontare il buio cielo del domani (e qui ci ho messo la citazione…).
La seconda è la velocità, il vivere alla velocità folle che teniamo ci porta a vivere tutto in maniera routinaria, ed è normale poi considerare il ripetersi delle medesime azioni giorno dopo giorno così confortevole, sicuro, comodo…ci volano i giorni e le settimane e non ce ne rendiamo conto.
E nel momento in cui rallentiamo soffochiamo, perché manca qualcosa…ma cosa?
Io mi sono dato una risposta semplice semplice…quello che manca, e quello che dovremmo cercare, è la poesia, ma non quella della rima baciata, la poesia per me è quello che rende belle le cose, è l’illuminazione di un’istante in cui ti rendi conto di vivere qualcosa di perfetto, per quanto piccolo sia.
E’ difficile rendersene conto, così presi dai nostri impegni, ma è tutto qui…
Nel sorriso che illumina la mia domenica mattina, senza la fretta di alzarsi e correre verso la giornata.
Nella colazione lenta, accompagnata dai racconti dei sogni e un libro a caso aperto affianco alla tazza.
Nel l’alzare gli occhi e guardare il cielo terso.
Nel tempo perso a scattare la fotografia perfetta, anche se la prossima sarà migliore.
Nel silenzio, che non ci rendiamo conto di quanto sia profondo.

Avevo in mente un altro paio di cose da dire, un altro paio di post da scrivere, ma questa mattina, mentre in auto guidavo lento verso l’ufficio, mi è venuto in mente un curioso parallelismo:
una società in disgregazione, dove un’oligarchia al potere si spartisce le poche risorse disponibili, uno stato dove il lavoro inizia a scarseggiare e le città si fanno la guerra tra loro, mentre nuovi “barbari” cominciano a colonizzarne i territori.
E il popolo è distratto dal gioco della palla.
La domenica, il martedì, il mercoledì, e così via.
No, non è l’italia del 2012, ma l’impero Maya allo sfascio, circa 500 anni fa, anche se sembra così tanto la descrizione del nostro povero piccolo paese…la società italiana è disgregata, il ceto medio , che è stato il motore della nazione negli anni del boom economico, è sempre più sfilacciato e indefinibile, abbiamo un’oligarchia politica e industriale miope e ottusa, che sta svuotando il sacchetto di popcorn a manciate grandi come le mani del porco di Roma che nevica e allora mi compro il SUV coi soldi vostri, mentre gli italiani devono imparare ad essere meno “choosy” come va cianciando il ministro del lavoro, riempiendosi la bocca di parole…poi vorrei sapere come ci potremmo permettere fare gli schizzinosi, visto che con la delocalizzazione delle imprese all’estero, per guadagnare sui costi di produzione etc, i posti di lavoro si stanno pericolosamente riducendo sempre più.
Sta rimanendo per gli italiani solo il sale sul fondo del sacchetto.
Ma tanto c’è la partita, domenica, martedì, mercoledì….

Alla classica domanda del libro da salvare in caso di incidente aereo / affondamento su un’isola deserta, istintivamente risponderei l’edizione economica più spessa, tipo chessò, la bibbia.
Più pagine da bruciare e per pulirsi il culo.E su un’isola deserta fuoco e igiene non credo siano problemi da sottovalutare.
Riformulando la domanda, non esiterei a includere in una lista qualche libro, quelli che mi hanno dato qualcosa, quelli che mi hanno un po’ cambiato, che mi hanno indicato un nuovo punto di osservazione per vedere la vita.
Celine, viaggio al termine della notte.
Bukowski, factotum.
Burroughs, il pasto nudo.
Ho scoperto Burroughs a metà della mia vita attuale, troppo stupido per capirlo, troppo curioso per lasciarmelo sfuggire, mi sono fatto spiegare la guerra da Celine e la fame per la vita da Bukowski.
Qualsiasi cosa scritta da questi autori, è una cosa a caso che ti apre gli occhi, che ti sorprende come un manrovescio sulla bocca, che insegna che il mondo è sangue e merda come te, un unico insegnamento, comune , da persone che la vita l’hanno vissuta all’estremo, vissuta, non subita, e amata, nonostante le cicatrici che gli sono rimaste addosso.
Un altro libro che tutti sottovalutano, col cervello impoltrito dalla tv e dall’immagine che il film ne ha dato, è Fight Club di Palahniuk, il punto di vista che da del consumismo, e dell’alienazione della società moderna, fa riflettere.
In un’epoca in cui abbiamo tutto, come dice il protagonista, in cui siamo cresciuti senza una grande guerra o una grande depressione, in cui la televisione e internet ci fanno “provare” tutto, bombardandoci di immagini e distorcendo la percezione della realtà, non proviamo più niente, alienati dalle nostre stesse sensazioni, troppo presi a inseguire modelli che non ci rispecchiano, e soprattutto, in cui non ci ritroviamo ma pensiamo a noi stessi come a persone consapevoli e dalla mente aperta…in realtà incapaci di pensare al di fuori degli schemi mentali che la società attraverso la psicologia di massa, i mass media, la scolarizzazione di massa e l'ignoranza di massa, hanno imposto.
Non è il telefonino che costa come uno stipendio e non è l’automobile e non è niente di tutto quello che compriamo a caratterizzarci come persone.
“Non è perché ti infili penne nel culo che sei una gallina” dice l’alter ego liberato del protagonista.
Nulla di più vero.
E non sono le vite (o le morti ) degli altri a cambiare la nostra.
Gli angeli in tv durano una settimana e sono rimpiazzati da altra spazzatura, e non posso sprecare un solo minuto della mai vita a commuovermi perché quel cantante col la vocetta da manzo castrato si è sparato un’overdose e adesso delizia l’altissimo Signore, o forse scalda il letto del bassissimo Satana, con la vita che ha fatto.
Dobbiamo liberarci, magari senza far crollare i palazzi della finanza, anche perchè qualcuno l'ha già fatto, non l'ha spiegato a dovere e ci hanno fatto su una guerra o due.
Dobbiamo quantomeno aprire gli occhi, e smetterla di farci propinare la realtà dopata da uno schermo, che sia il pc o la televisione.
Un ragazzo non so dove ha ucciso la sorella della sua ex a coltellate.
Volevo ucciderla perchè si era rimessa col suo ex, ha detto agli inquirenti che l'hanno pescato triangolando il telefonino.
Dove l'aveva scoperto, secondo voi, questo ritorno di fiamma?
Via facebook, interpretando gli status della ragazza.
Non basta a capire?
I want you to hit me as hard as you can, se è un colpo quello che sveglia.


Non so quanti ne ho aperti, di blog.Il primo, credo fosse il 1997, dal public pc di un albergo di non so più dove, preso dalla noia di una sera passata in un altrove dove, evidentemente, in quel momento non avevo alcun interesse a stare.Mi ricordo un muro davanti e il monitor crt che ronzava, e il buio fuori dalla finestra della hall dell’albergo, mi ricordo il bicchiere di qualcosa di veramente forte di fianco al mouse, e il gusto di berlo alla faccia del mio di allora datore di lavoro, e mi ricordo quella voglia di raccontare, di tirare fuori in qualche maniera quel fiume di parole che mi si ribolliva dentro in quel periodo difficile e strano della mia vita, quantomeno come processo di auto analisi.Quel blog, pubblicato su una piattaforma ormai defunta, con tutte le sue parole e i suoi ignorantissimi pulsanti gif animati, è affondato nel mare dell’internet, insieme al seguente e tutti gli altri, i motivi sono molteplici, ma alla fine come tarli rodono lo scafo, non delle idee, ma della voglia di esprimerle.Come Achab, « Roso di dentro e arso di fuori dagli artigli fissi e inesorabili di un'idea incurabile. » spingo l’ennesimo scafo nel mare della rete, pianto una moneta d’argento dell’albero maestro, e non so dove, e per quanto, durerà questo viaggio.